Mostri

Quando non c’è più l’amore

Rubbettino Editore, 162 pagine – euro 16

Dieci storie di violenze, omicidi e tradimenti, dieci capitoli, undici vittime. Le cronache raccontate in questo libro hanno in comune territori dove apparentemente il vivere è quieto e tutto è vicino. E vicini, troppo vicini sono gli assassini: tutti maschi. In comune tra le storie raccolte, indagate e raccontate da Giovanni Mancinone c’è anche un altro elemento. Si poteva evitare. Bastava dire, non nascondere, non aspettare. In alcuni casi, ci sono colpe pubbliche. In tutti, segreti privati, nascosti per la paura di rompere la patina del quieto vivere. I pezzi di cronaca ignorano le differenze tra sud e nord, campagne e metropoli, poveri e ricchi, e compongono una unica storia, quella di un Paese nel quale le donne sono infinitamente più forti rispetto a soli pochi decenni fa, ma troppo spesso pagano la loro forza, la loro indipendenza, il loro “no”, con la vita. (Roberta Carlini – “inGenere.it”) Una dopo l’altra le vicende scorrono, veloci e terribili, raccontando un maschilismo tossico e barbarico incapace di rispetto verso l’altra o l’altro.

Dieci storie di femminicidi – e anche di un omminicidio – ripescate nelle cronache di una provincia placida e anonima compongono una sorta di mappa delle tante sfumature che assume la violenza sessista. Lo stile asciutto, quasi asettico, con cui Giovanni Mancinone descrive fatti turpi contribuisce a rendere più efficace l’affondo nelle oscurità dell’animo di uomini autori di violenze contro le loro partner. Ma lo scrittore non si astiene dal giudizio e coglie le asimmetrie: c’è la vittima, che vuole fare le sue scelte, e c’è un uomo che glielo impedisce, uccidendola. Quasi sempre è un compagno che non sa accettare la conclusione di una relazione amorosa e l’autonomia femminile. Oltre cento donne ogni anno muoiono per femminicidio, una strage che continua a ripetersi, sempre con lo stesso copione. Sono utilissime, quindi, queste pagine che dimostrano l’importanza di andare oltre la superficie se vogliamo comprendere la radice del problema, che è una millenaria cultura maschilista e di sopraffazione. I ‘mostri’ sono tali non per una qualche eccezionalità, bensì per il rifiuto di emanciparsi da arcaici e comodi stereotipi. La strada dell’autodeterminazione è stata dolorosa, complicata, contraddittoria. Ma le donne hanno sperimentato sulla propria pelle che è l’unica possibile per vivere in libertà.

Gli uomini cominciano a capire che è un cammino da percorrere insieme perché è anche a loro vantaggio. E per questo libro, che ne è tangibile testimonianza, va ringraziato l’autore e il suo competente e lucido sguardo di giornalista. (Tiziana Bartolini – direttora “NOIDONNE” www.noidonne.org). Dalla prefazione di Oria Gargano presidente della coop be free “… Giovanni Mancinone ricostruisce gli omicidi, le indagini, gli iter giudiziari, le tesi dell’accusa e quelle della difesa, con l’esperienza del cronista. E fa bene a mettere, nel novero dei casi di cronaca nera su cui è necessario riflettere, la storia di un giovane uomo che uccide il suo compagno che si è innamorato di una ragazza e vuole andare a vivere con lei. Un “omminicidio” lo definisce Mancinone, con neologismo azzeccato, che declina il più noto “femminicidio”, che indica l’omicidio di una donna che avviene per motivazioni legate alla sperequazione di genere: più frequentemente da parte di partner, ex partner, corteggiatori, ma anche da parte di famigliari che non accettano il comportamento della donna, considerandolo non adeguato ai canoni morali imposti dal Patriarcato. Per esemplificare, se un ladro uccide una donna nel corso di una rapina, quello non è un femminicidio, perché non entrano in gioco la conoscenza, la relazione, la questione dei ruoli di genere. Se invece, per esempio, un marito violento uccide perché non accetta che la donna lo lasci per via dei suoi comportamenti, o un fratello uccida la compagna trans della sorella perché non tollera la sua scelta sessuale, o una madre collabori con suo marito e altri familiari a “far sparire” la figlia che vuole sottrarsi a un matrimonio imposto, questo è femminicidio.

C’è voluto tempo a far accettare alla pubblicistica e alla cultura largamente diffusa questo termine, perché in molti opponevano questioni di correttezza lessicale che in realtà nascondevano resistenza ad ammettere che il problema della violenza di genere c’è, è enorme e in gran parte sommerso, o negato, o sottovalutato, e che miete, di media, una vittima ogni 2 giorni ogni anno. E può essere declinato anche al maschile, perché se la violenza di genere consiste nella presunzione di superiorità di un partner su un altro, se la coppia è sbilanciata sul piano dei diritti e dei doveri, se un partner assume, consapevolmente o meno, il ruolo del dominante, di chi si sente legittimato, da una Storia intessuta di soprusi e delegittimazione dell’altra/o, a negare autodeterminazione, rispetto, relazione paritaria e riconoscimento ad un/una partner, allora sì, parliamo di violenza di genere. Che va contrastata e sconfitta, da parte delle Istituzioni nazionali ed internazionali, della scuola, dell’informazione, della produzione artistica, della società civile, delle famiglie. Senza se e senza ma. Con “Due Diligence” – come le più importanti Istituzioni mondiali non si stancano di raccomandare, e che significa, semplicemente: DILIGENZA DOVUTA”.

Rosalba Belmonte, docente universitaria di Sociologia della sicurezza sociale e della devianza presso l’Università della Tuscia, analizzando il testo Mostri lo ha definito “un atto di pedagogia civile”, in quanto stigmatizza in maniera inequivocabile gli autori di violenza di genere, condannando non solo la violenza stessa, ma anche l’indifferenza sociale che spesso l’accompagna.

Giovanni Mancinone (Castelmauro 1951), giornalista professionista.

Ha pubblicato Molise criminale (Rubbettino Editore) che ha ottenuto numerosi riconoscimenti e tra questi il Premio Piersanti Mattarella (vincitore sezione inchiesta), premio storico-letterario parole chiave comune Polesella (vincitore saggistica storica edita giuria presieduta da Massimo Carlotto), il Premio OMCON 2022 per l’informazione (osservatorio mediterraneo sulla criminalità organizzata e le mafie), il premio nazionale letteratura italiana contemporanea 2022/2023 (vincitore sezione saggistica a tema / il bello dell’Italia: storia, segreti e curiosità delle città e dei paesi italiani).  Prima di entrare in Rai, dove ha ricoperto il ruolo di vice caporedattore nella redazione della Tgr del Molise, firmando centinaia di servizi per il Tg1, il Tg2, il Tg3, Rainews24, Gr1 e Gr2, ha scritto per «l’Unità», «Paese Sera», «Rassegna Sindacale» e «Il Tempo». Ha diretto «Il Chimico Professionista», «Molise Oggi», «Molise Insieme» e altri periodici sia in Molise che nel Lazio. Nella sua carriera professionale si è occupato dei fatti più scottanti di cronaca che si sono verificati in Molise prestando molta attenzione alle tematiche sociali e ambientali. Tra le inchieste più importanti arrivate in cronaca, l’Operazione Mosca che ha portato alla scoperta di un traffico di rifiuti industriali provenienti da sette regioni che venivano scaricati sulla costa molisana. Questa attività investigativa è stata la prima in Italia sullo smaltimento illegale di scarti industriali vero e nuovo grande business per la criminalità organizzata.